Regalo di Natale
Stavolta è colpa mia. Posso prendermela solo con me stesso. Vi avevo detto che non bisogna criticare gli altri prima di aver riflettuto su di sé e, invece, sono incappato per primo nell’errore. Io, Scatolo, cartone ondulato semplice in servizio permanente presso molto movimentato magazzino merci, mi dichiaro colpevole di ironia affrettata.
Ci stavamo sganasciando dalle risate, io e i miei colleghi contenitori, quando stamattina abbiamo visto spuntare i magazzinieri con la nuova tenuta da lavoro. Invece che le solite tute blu, indossavano una giubba rossa, che aveva le maniche e il colletto foderati di lana bianca. Così bianca da sembrare neve fresca. Invece del canonico casco di sicurezza giallo, ne avevano uno rosso, sul quale era attaccato un ridicolo ponpon bianco. Ma la cosa più assurda è che avevano tutti una folta barba bianca, a punta, che gli scendeva fino al petto. Sembravano vecchi pupazzi in parata!
Però il nostro divertimento è durato molto poco, almeno finché non abbiamo capito che anche a noi cartoni, che siamo onda singola o doppia, robusti o leggeri, bianchi o avana, anche a noi sarebbe toccato un travestimento… indecente. Guarda caso, in cima alla pila c’ero io, quindi sono stato il primo a subire il martirio. Davvero, non sto esagerando con le parole: è stata un’esperienza umiliante e dolorosa. Uno dei travestiti mi ha preso in braccio e ha cominciato a impiantarmi una serie di piercing sulle giunture delle mie falde. Mormorava che era necessario rinforzarmi per l’occasione, mentre mi infilzava con delle grosse graffette di metallo. Se non avessi dovuto stringere i denti per il dolore, avrei urlato contro quella manica di pazzi, ricordandogli che solo pochi giorni fa mi avevano stampato in facciata di essere “FRAGILE” per trasportare merce delicata.
Se almeno prendessero una decisione chiara, una volta per tutte, saprei come non schiacciarmi! Ma il peggio è che dopo avermi cucito per bene, mi ha riempito con qualcosa di molto pesante, mi ha chiuso in fretta e furia, e mi ha foderato con della carta colorata. Per completare l’opera, mi ha appiccicato un grosso fiocco dorato sulla parte superiore.
Così conciato, sono diventato subito lo zimbello del magazzino, visto che tutte gli altri, scatole e scatoline, imballi e cartoni, pacchi e pacchetti, ridevano di me. Sarei diventato rosso dalla vergogna se non fossi già coperto di carta da pacchi color porpora. Per fortuna, il mio imbarazzo è durato poco, dal momento che anche tutti gli altri imballaggi sono stati presto incartati e infiocchettati al pari di me. Ah, amici miei, cosa non si fa per campare!
Mentre ci trasportavano, stipati in un furgone stracolmo, ho sentito dire che tutta questa messinscena di oggi è dovuta a una festa che quelli in carne e ossa chiamano “Natale”. Pare che essa non possa prescindere dal reciproco scambio di regali e che questi doni debbano essere consegnati in costume rosso. Che volete che vi dica, la gente è proprio strana.
Comunque, in men che non si dica sono stato recapitato al destinatario.
Il fattorino ha suonato il citofono di una casetta e subito ne è venuta fuori una giovane signora, tutta sorridente.
“Ho un pacco regalo da consegnarle” – le ha annunciato il fattorino.
“Uh, che scatolona!” – ha esclamato la signora.
“Ecco, ora sarei pure grasso!” – ho pensato io.
Subito dopo, la signora mi ha condotto in casa, poggiandomi – come fossi una scatola qualsiasi – ai piedi di un albero di plastica, tutto cosparso di lucine colorate. Poi ha preso in mano un telefono e ha strillato:
“Amore! Mi è arrivata una scatola regalo da parte tua!”
“Uhm, allora questa pantomima è causata da uno che si chiama Amore?” – pensavo. – “Passamelo subito che voglio dirgliene quattro…”
“E comunque, non c’era bisogno! Non dovevi disturbarti” – diceva lei.
“Come non c’era bisogno?” – rimuginavo. – “Vuoi vedere che mi sono fatto piegare, graffare, scocciare, nastrare e addobbare per niente?”
“Cosa? Vuoi che lo apra adesso?” – chiedeva al telefono la signora, tutta emozionata – Ma no, tesoro, aspettiamo Natale!”
“Allora, deciditi” – avrei voluto dirle – “questo tizio si chiama Tesoro o si chiama Amore? Io mi chiamo Scatolo. Signor Scatolo! Cartone ondulato di qualità Kraft a cinque strati: due ondulati e tre tesi. E per colpa dei vostri capricci sono conciato malissimo. E poi non c’è niente da aspettare, cara mia. Prima mi liberi di questo buffo incartamento e meglio è!”
“Va bene, va bene, lo apro…” – annunciava finalmente. Quindi, con una mano teneva il telefono e con l’altra riduceva a brandelli il mio vestito della festa. “Vediamo cosa c’è qui, coniglietto. Sono curiosa…”
“Coniglietto?” – pensavo io, – “ma in mano a che gente sono capitato?”
“Oh! Non ci credo! Me l’hai comprato!” – gridava lei – “Tesoro, sei folle! Ma quanto hai speso? Non dovevi…”
“Ecco, sul fatto che sia folle e che non doveva siamo assolutamente d’accordo!”
Fatto sta che, con una notevole goffaggine, la signora riesce finalmente a svuotarmi. Poi tira fuori il coso che avevo dentro e mi rifila un calcetto nervoso, lasciandomi “abbattuto” su un fianco (io mi ammacco ma non mi spacco. Che si sappia!).
“Bei modi, complimenti! Questa sì che è classe, cara mia!”
Quindi ricomincia con i suoi strilli di felicità e si mette a montare il coso. Così scopro che si tratta di un supertecnologico robot da cucina.
“Hai capito Amore-Tesoro? Per questo si è “disturbato”. Vuole mangiare bene, il coniglietto!”
Sapete che vi dico? Buon Natale anche da parte mia! (E se prenderete peso non date la colpa a me. Io sono Scatolo: io i pesi li so portare bene!)